giovedì 17 aprile 2008

Chimica dell'amicizia


Il piccolo chimico mi guardò perplessa, infatti avevo nella mano la soluzione ai suoi perché, frutto di ricerche, di studi e di riflessioni. Non conoscevo la chimica in modo così approfondito, ma mi bastò guardare il suo esperimento per capire che occorreva aggiungere al solvente un po’ di alcol, solo un po’ d’alcol.
Il piccolo chimico, tanti anni di studio, di esperienza alle spalle cercava, studiava un composto adatto per trattenere l’amicizia. Non capiva no, non comprendeva come mai i rapporti umani (non tutti) ma, alcuni si, erano costretti a deteriorarsi. Di animo sensibile, aveva speso la sua vita, a ricercare un solvente per incollare affettivamente gli amici.
Non ne poteva più, proprio più di rapporti profondi deteriorati dal tempo, dalla lontananza, da invidie, o da litigi.


Diceva a se stesso “Se riuscissi a trovare il brevetto del solvente incolla amici” gli amici non si separerebbero mai più. Non ci sarebbero né guerre, né carestie, regnerebbe la pace, la concordia.
La soluzione gli era balenata in mente un giorno correndo nel parco. Una foglia gli si era appiccicata sulla fronte e nemmeno il vento riusciva a strapparla via. Si, diceva, se gli amici restassero sempre così appiccicati come questa foglia.. non avrei da lamentarmi, né da sospirare. Aveva speso la sua vita a cercare la soluzione al problema dell’amicizia, rinchiudendosi in una torre d’avorio per studiare e ricercarne la soluzione.
99 anni di studi e di ricerche per l’umanità, ma la soluzione l’aveva a portata di mano e non lo sapeva.
Quando gli offrii dell’alcol, capì ciò che mancava alla soluzione: un bicchiere di vino.
Alcol si, vino. Quando mi offrì del vino, capì cosa gli mancava. Capì che non aveva bisogno di studiare, quanto di lasciarsi andare. Quando gli offrii del vino, pianse per non ricordare di essere stato chiuso al mondo e di goderne il significato solo adesso. Quando mi offrì del vino iniziò a parlare del suo passato, della sua vita spesa per la chimica. Quando gli offrii del vino, bevve dal suo calice di cristallo
fantasia, gioia, dolcezza, simpatia. Sapevo che non si trattava del vino ma della compagnia che stava sperimentando in modo nuovo. La paura di sentirsi abbandonato dagli amici, l’aveva rinchiuso in un sogno, una missione, nascondendo in realtà la paura di darsi senza ritorno.
“Darsi” equivale ad odiarsi in certi momenti. Uscire da sé, per ritrovarsi diversi e più ricchi. Darsi equivale ad anche ad amarsi.
Insieme è una parola carica di significati. Significati a volte odiosi per chi non ama allentare il proprio “ego”. Il composto per allentare l’ego lui lo conosceva, frutto di anni di ricerche. Tutte queste teorie cadevano ad un ad una. Amicizia inizia con A e non ha fine questo, non doveva insegnarlo lui? O doveva apprenderlo così da un bicchiere di vino?
Quell’alchimia magica di sogni, di intenti, di giorni spesi a cercare una soluzione era tutta lì in quel bicchiere. Si, perché il chimico in realtà cercava di costruire una soluzione adattabile a qualsiasi forma di relazione umana. Nessun composto avrebbe ricreato l’amicizia, né quella situazione. E’ un’alchimia spontanea. Non restava che andare a dormire, profondamente commosso da quell’incontro, da quella gioia. Si diceva “uscire dalla torre di avorio, quello aveva ricreato l’alfa e l’omega dell’amicizia”. E un bicchiere di vino era stato il movente, la chimica, il solvente che aveva cercato di ricreare invano in un laboratorio, era nascosto dentro di sé.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

....si proprio un'alchimia....di cui troppo spesso ci si priva nella corsa della vita.....ma non passerà mica per un inno all'alcolismo questo racconto !!!!!!
Ciao MC e Complimenti

maria consiglia mosella ha detto...

No è un inno alla condivisione, e al lasciarsi andare ed il vino ne è solo il simbolo...
A presto anonimo misterioso:-)