lunedì 26 aprile 2010

La valigia di Penelope


Fili di una tela
cucio e disfo
re dei miei desideri

partito mai più tornato
sarà oggi un dì fortunato?
Quello in cui vedrò
l'arrenderti tuo
al desiderio del focolare
mese per mese
ceder al dubbio
amare e non più armare


Perchè via?
Dunque i Proci mi invitano a voltar pagina
a trovar altro marito e giorno dopo giorno
fingo, mento, cucio ma attendo
e il tempo sembra a me finto come questi fili
minuti della mia fedeltà
mia dolce meta

nel mio deserto conservo
il senso dell'andare
mi sembra che la sabbia fine
non abbia mai fine
scivola via
ma non la memoria
mi sembra che il camminare
non sia un perdersi né un vagare

mi sembra che tu sia qui
una certezza così incerta
amore odiato
onesta disonestà
disonesta onestà
del cercarsi e mai ritrovarsi
eppur ci sei
eppure nelle valigie vuote
di falsi ritorni
di false partenze
e falsi addii
sei lì

domenica 25 aprile 2010

Musicante


E' notte
e giunge musica
musica silente
sono note
che l'oscurità avvolge
sono note
che chiedono
di essere suonate
nella testa rimbomba il lamentoso canto
e quelle note fuoriescono per incanto
oggetti della mente
gocce nel mare
delle combinazioni
gocce che prendono colore
è notte
e do musica

lunedì 19 aprile 2010

Viaggio a Parigi III Parte


L'auto sfrecciava sull'autostrada in direzione Roma, prima tappa. Il Pupo aveva bisogno di vedere il "Cupolone", un amico per affari. Si affari, aveva detto, ma gli affari consistevano in una partita di coca da recapitare a Marsiglia, anzi vicino Marsiglia in un posto chiamato... Bhò non lo ricordava mica quel posto "La Mer, Le Mer", "Le Monier" o qualcosa di simile. A dispetto del nome il Cupolone bazzicava per il quartiere Tor Bella, veniva chiamato così perchè a soli trent'anni aveva perso i capelli. Intanto "le due mele cotte" chiacchieravano di amori, cuori e fiori. E' così che il Pupo definiva le questioni d'amore. Ma l'amore lui l'aveva mai provato? Quel battito di cuore, quell'emozione violenta che ti spinge a spaccare montagne o valicare confini per vedere l'oggetto desiderato? Forse una volta a venti anni e poco più, per il resto solo storie di sesso, sesso fa rima con "fesso"... si il sesso instupidisce un pò, pensava il Pupo, come una partita di coca. Aveva all'attivo storie con donne di malaffare, donne malcapitate, donne allo sbando senza compagnia, come canta la Mannoia, e a volte per noia, storie con trans. L'amore era rimasto in una bottiglia vuota, quella che aveva bevuto a vent'anni e poco più quando l'aveva lasciato quella ragazza, Ah come si chiamava? Non ricordava più! Qualcosa come Dany, Memy, insomma con la y finale, perchè si sa che quelle con la y, hanno il potere di farti innamorare e poi lasciarti con un "non so più se ti amo" magari a telefono o peggio con un "prediamoci un periodo di riflessione" su sms. Ma lui non c'era più cascato con i nomi con la "y" finale. Il suo lavoro? Ufficialmente era un meccanico, il lavoro non ufficiale consisteva nel fare il "corriere" di partite di droga. Una sola volta lo avevano beccato, fottuto, ma lui era riuscito cavarsela con una sola notte di prigione, era stato rilasciato dopo la convalida dell'arresto. Ma che fesso fidarsi di quel tipo, che era uno sbirro travestito da corriere! Gli avevano indicato una consegna al porto di Napoli, e lui, avvistato il presunto corriere stava per dargli informazioni riguardo la partita di coca. La partita era stata "sviata" in altro luogo per colpa della "soffiata". Ma la notte in prigione non era bastata per cambiare lavoro. Il rischio era il suo forte, senza il rischio la vita è piatta, soleva dire. Soleva sputare sentenze, o proverbi "Chi non risica non rosica" "tanto matta va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino"....

martedì 13 aprile 2010

Viaggio a Parigi (part.II)

"Ma cosa fai?" chiese Vicky mentre riponeva in valigia le ultime cose: un rossetto rosso, una camicia bianca, un vestito nero attillato ed un paio di jeans stile anni '70. "Scrivo una lettera, o meglio immagino la sua vita se persevererà nel suo triste errore. La conosci la canzone voc' e notte? Bhè non so, ma mi ricorda qualcosa di simile a noi". Vicky avida di sapere strappò dalle mani quel foglio. Le valigie erano pronte, salirono in auto in fila come un esercito in missione speciale. Una volta in auto, Vichy aprì la lettera e lesse: "Una voce bussa alla finestra. Non riesco a dormire, tutti dormono. Sopravvivere all'angoscia è terribile, colpevole di aver ceduto ai ricatti, ho perso la libertà e forse il senno. Tutte le notti ascolto una voce che mi chiama. Tic, tac bussa alla porta della mia mente. E' la tua? Cerco di non affacciarmi alla finestra, ma il desiderio di vederti lì, sotto il mio balcone, è più forte del vento della tramontana. Così mi alzo in piedi in vestaglia, e cerco con lo sguardo il tuo, il tuo sguardo timido, quello che a stento mi sfiorava quando mi rivolgevi la parola. Dicono che il tempo serva a far smarrire i ricordi, dicono che il tempo asciughi le lacrime, come panni al sole. Io non sopporto questo distacco. Il tempo non colma le distanze, non abbatte i ricordi, nè li sbiadisce. Rivedo come in una cartolina i nostri incontri fugaci. Rivedo i tuoi occhi e li immagino, dolci nocciole che vorrei accarezzare con il mio sguardo. Immagino il mare che urla la nostra rabbia. La rabbia e la noia di non aver operato le nostre scelte. E poi c'è l'amaro di vedere una vita che non è la propria, seguirla da lontano senza identificarsi come un film in cui non sei tu il protagonista. Preferirei la solitudine alla malinconia che mi assale ogni volta che mi sovviene il tuo ricordo. Non essere più triste. Non sarò più al balcone ad aspettarti. Non più. Ti ricordi? Una volta sola mi chiamasti amore, ma il vento riporta alle mie orecchie quella parola, tutte le notti, come una catilena dolce ed amara ad un tempo. Ti porterò dentro nel mio ventre, e quando sul cuscino volgerai il tuo pensiero al mio, le nostre menti si incontreranno almeno nel ricordo. Ti amerò per sempre,tua,voc' e notte". Vicky cercò di trattenere l'emozione, poi gettò via il foglio, e disse: "E' tempo di parole, Luca". "Ma non credi che avresti dovuto fare la psicologa nella tua vita?" Replicò lui adirato da quel gesto terapeutico. Il Pupo guidava con una mano, con l'altra aspirava il solito sigaro, sulla destra sfrecciava un treno superando l'auto. Il Pupo al resto della comitiva "Mi sembrate zuccherosi come due mele cotte" Vicky, rivestita della sua solita semplicità disse: " Da piccola immaginavo di essere ferma, quando un treno superava l'auto dei miei genitori ed io ero seduta sulle ginocchia di mia madre, in genere aprivo il finestrino e volevo afferrare il treno con le dita, così come quando ti aggrappi alla borsa di tua madre che sta per uscire, la odi perchè pensi che non tornerà mai più". Si mise a canticchiare una canzone "Ain't' no sunshine when she's gone", con la sua voce calda blues, materna ed infantile ad un tempo.....

sabato 10 aprile 2010

Viaggio a Parigi


"Mi sembra la regia di un film... Ma cosa ti è saltato in testa?" Le rispose così, il Pupo, che al contrario del sopranome vantava una lunga esperienza e la tenera età di 40 anni. Aspirò il sigarò e poi tossì a quell'idea balzana. Vicky aveva un vizio ed una virtù: catturare l'anima di coloro che si confidavano e restituirla come ripulita dalle nuvole del dubbio, sapeva cogliere le sfumature dell'interlocutore e con una parola esprimerne lo stato d'animo. Talvolta, questa virtù si tramutava in vizio, quando l'interlocutore era un pò restio a mettere in luce la sua interiorità. Ma, quando c'era un problema era lì pronta ad ascoltare per risolverlo. "Allora si va o no a Parigi a farle cambiare idea? Io, il Louvre non l'ho mai visto.." Due uomini, un bel paio di gambe ed una scommessa: Vivienne, la ex di Luca aveva deciso di sposarsi con un altro, così su due piedi a soli 6 mesi di distanza dal litigio con Luca. Si erano lasciati così "amandosi", come le aveva scritto lei in un sms. Vicky ascoltando e riascoltando la sua storia almeno un centinaio di volte, aveva colto una nota che le era sfuggita. Vivienne aveva affermato di provare rancore senza dire perchè. Vicky aveva compreso il motivo di quella rabbia, attribuendola all'incapacità di Luca di esprimere le proprie emozioni, a comunicarle il proprio amore. Luca si era dunque esercitato davanti a uno specchio con Vicky e con il Pupo che tossiva dal ridere a pronunciare "ti amo" ma, non era semplice. Forse erano troppo lontane dal suo mondo, dalla sua storia fatta e sfatta di lutti e difficoltà finanziarie. Era troppo abituato a correre più che camminare, a vivere come in un incontro di boxe, e particolari come parole dolci sfuggivano al suo occhio abituato alla concretezza. "E se gli facessi una telefonata?" "Non serve", fu la risposta secca di Vicky, "devi vederla di persona e devi essere convincente". Luca iniziò a respirare con fatica, ricordando tutte le volte che avrebbe voluto dire "ti voglio bene" al padre ma non aveva avuto il coraggio di farlo, anche prima della sua morte improvvisa tra le sue braccia. Sarebbe stato capace di tutto per dimostrare affetto, stima ed amore ma le parole no, non erano il suo forte in alcuni momenti. L'idea del viaggio era di Vicky, serviva a dissuaderla da quella che a giudicare dai fatti sembrava una scellerata idea, una scelta voluta dalla rabbia più che dalla passione e dall'amore. E se non fosse servito a nulla, c'era il Louvre e la consapevolezza di aver tentato, di aver rischiato. E ricorda, aggiunse Vicky, quando una donna dice di "no" è perchè vuole essere convinta.....