Perdersi per ritrovarsi. La sirena dell'autombulanza.
I wu cumpra che si affacciavano alle porte della sua attenzione, ma distratta evitava il loro sguardo, persa nei pensieri più veri. "Ma saranno più veri i miei pensieri o la realtà che si affaccia ammattita con il rumore di un clancson impazzito?". Così ritrovava la sua concentrazione nello sforzo di evitare di perderla. Le borse variopinte la distraevano, tentava di provarle, ma il pensiero suonava più forte di un tamburo. Forte come la pioggia quando tenti di evitarla. Non pioveva. Grandinava. Grandinava dentro. I cubetti di ghiaccio scivolavano amalgamandosi al sangue. Sangue blu. E' un eufemismo per dire sangue di chi non sa reagire o agire. Sangue non nobile, ma sangue timido. Il sangue rosso è il sangue di chi partecipa alla vita, non di chi la evita. Era abituata ad evitare la vita, ad evitare sorprese, ad evitare il dolore con un impermeabile, ma ad evitare anche la gioia, troppo calda per sopportarla. E' un assioma non vero "tutti desiderano essere felici" è piuttosto vero"tutti desiderano essere felici, ma non tutti cercano di essere felici". Ma quando la felicità bussa alla porta, è possibile anche non aprirla e dire "No grazie, è troppo per me?" Allora perchè non provava ad essere felice? A cosa le serviva correre senza giungere alla meta, oppure raggiungerla senza goderne il senso, il risultato? Perchè era uscita così sbattendo la porta dalla sala prove, proprio nel momento in cui stavano apprezzando la sua voce ed il suo talento, a cosa le era servito uscire senza riuscire? Riuscire. Dormire, morire. Avrebbe detto Shakespeare. Non si trattava di Amleto, ma di un dramma vero il suo, quello di Anna. Qualcuno le diceva "Ti manca determinazione". Altri: "La tua immagine va migliorata sei troppo insicura". Lacrime rigavano il volto. Un treno mai preso nonostante tanti tentativi, tanti fallimenti. Un treno che apriva le porte e su cui lei non era in grado di salire. Le scale. Erano proprio di fronte a lei. Una di quelle rare volte in cui i pensieri si mischiano alla realtà. Casa sua. Sua nonna che accudiva come una bambina venne ad aprirla alla porta, strillando "Chi sei?". Risposta secca "Anna". Lei"Ah, Anna" sembrò ricordare, ma poi "Anna chi?". Urlò come una forsennata "E a te chi ti ci ha ridotto così?" Sembrò ritornare calma. Parlavano, tra loro, così a botta e risposta di sentimenti essendo volate via le parole ed i ricordi. La nonna si accasciò sul divano, quasi morta. Anna provò l'istinto violento di abbracciarla e di ammazzarla nello stesso tempo. Può l'amore trasformarsi in odio in certe situazioni? Può l'amore convivere con l'odio? Può l'odio esssere nascosto, celato, sepolto ma essere sempre presente? I sentimenti sono barca senza remi soleva dire sua madre, e quella frase l'aveva protetta sostenuta, resa responsabile, ma, le aveva risparmiato quel mordente della vita che ricercava a tutti i costi nell'arte. Le evitava sofferenze ma anche gioie. Guardò i suoi stivali, in un momento le balenò l'idea di fuggire. In America, in Asia dovunque a piedi, in moto, in autostop. Dovunque non ci fosse famiglia e casa. Quegli stivali, li aveva comprati durante la gita scolastica a Londra, a Camden town. Anche lì si era persa per ritrovarsi. Ma con una gioia diversa, con la spensieratezza di chi sa che può riuscire, di chi insegue una meta, sapendo di conseguirla. Quegli stivali. Chissà forse proprio come il gatto con gli stivali, andavano indossati. Li provò per un attimo e si guardò allo specchio. Erano tutti sporchi. Ma davano l'idea di libertà. Le mancava una moto adesso. Una risata ilare le rapì il volto. Le si spalancò davanti agli occhi le Americhe, il Perù, l'India. Le si spalancò dentro un mondo. Il mondo. Il suo e non suo quello di tutti, non quello che evitava per concentrarsi nei suoi pensieri più veri, ma quello vero per evitare i suoi pensieri più tristi. Occorreva agire. Non poteva lasciare così sua nonna, eredità di sua madre e suo padre che erano andati all'altro mondo senza avvisare in un incidente. No, non poteva doveva accudirla, finchè morte non ci separi. Partire per un grande viaggio. Non poteva lasciarla. Non doveva. Imperativo categorico. "Gli imperativi sono imperativi e basta non c'è bisogno di dire imperativo categorico. Non lo sapevi, cara filosofia? Ma c'è un altro imperativo. L'Io. Lo dice anche Fichte. Io, non io, super io, no quello era Nietsche. Ma basta torniamo alla vita. ho voglia, dico voglia di un bel gelato, no che dico di un bel viaggio, come si fa?"
Aprì il cassetto. Non dei sogni, quello della cucina e sfilò un coltello appuntito. Lo puntò verso sua nonna, poi verso di sè, poi verso sua nonna, poi verso di sè. Ignara la nonna del pericolo, apriva e chiudeva gli occhi, come per assecondare i suoi gesti, stanca di una vita senza ricordi. "Allora vuoi ammazzarmi, o no?" Gridò a voce alta. il volto di Anna si colorò di rosso vivo, finalmente, della passione, di troppa passione. Una passione così non si riusciva a contenerla. Sfuggiva dagli occhi dalle mani in cui stringeva il coltello. Passione all'occhiello. La passione è come una barca senza remi, di nuovo quella frase, nella testa, nel cuore, ma ormai era lì. La passione la stava rapendo. Passione, ladra del senno.
All'improvviso suonarono alla porta. Con le mani non ancora sporche di sangue, corse ad aprire la porta. La polizia? Si dimenò come un cavallo impazzito, ma era troppo tardi. "Volevo ammazzarmi" continuava a gridare all'ispettore dopo l'interrogatorio. L'ispettore chiuse la porta. L'agente a lui:"Come ha fatto la polizia ad evitare il crimine?" Risposta secca ma lucida: "Se tutti i criminali parlassero a voce alta al mercato prima di commettere i crimini sarebbe comodo per le vittime e per la polizia!" "E adesso?" "Adesso il viaggio sui conclude in prigione! Tentato omicidio" Seguì risata metallica. "Nessuna pietà per una nipote che ha perso il senno ed il senso della famiglia". Il sole calò cupo e triste quella sera. Calò cupo sul sorriso sarcastico di Anna.
Ispirato dalla canzone di Vasco Rossi "E adesso che tocca a me"